(Cassazione civile sez. II, 30/06/2021, n.18498)
La Corte di Cassazione, con sentenza n.18498 del 30 giugno 2021, si è pronunciata sul risarcimento del danno dovuto al promissario acquirente, per effetto della mancata conclusione del contratto definitivo di compravendita immobiliare imputabile al promittente alienante.
La quantificazione di tale danno si concretizza nella differenza tra il valore commerciale dell’immobile al momento in cui l’inadempimento è diventato definitivo, normalmente coincidente (sulla scorta del principio generale espresso dall’art. 1225 c.c., secondo cui la prevedibilità del danno risarcibile deve essere valutata con riferimento al momento in cui il debitore, dovendo dare esecuzione alla prestazione e potendo scegliere fra adempimento e inadempimento, è in grado di apprezzare più compiutamente e, quindi, prevedere il pregiudizio che il creditore può subire per effetto del suo comportamento inadempiente) con quello di proposizione, sia pure in via subordinata, della domanda di risoluzione ovvero altro anteriore, ove accertato in concreto ed il prezzo pattuito, oltre alla rivalutazione monetaria eventualmente verificatasi nelle more del giudizio.
In ragione della struttura tipica del contratto preliminare, la giurisprudenza della Corte di cassazione ha da tempo affermato che ” la prevedibilità del danno risarcibile deve essere valutata con riferimento non al momento in cui è sorto il rapporto obbligatorio ma a quello in cui il debitore, dovendo dare esecuzione alla prestazione e, potendo scegliere fra adempimento e inadempimento, è in grado di apprezzare più compiutamente e quindi di prevedere il pregiudizio che il creditore può subire per effetto del suo comportamento inadempiente; infatti, il collegamento della prevedibilità del danno al tempo in cui è sorta l’obbligazione (art. 1225 c.c. secondo cui la prevedibilità del danno risarcibile deve essere valutata con riferimento al momento in cui il debitore, dovendo dare esecuzione alla prestazione e potendo scegliere fra adempimento e inadempimento, è in grado di apprezzare più compiutamente e, quindi, prevedere il pregiudizio che il creditore può subire per effetto del suo comportamento inadempiente) non tiene conto del periodo di tempo, a volte anche lungo, intercorrente fra tale momento e quello in cui la prestazione deve essere adempiuta (per tutte, Cass. 30/01/2007, n. 1956).
In definitiva, La Corte conferma l’orientamento che ancora il momento della valutazione del valore dell’immobile oggetto del preliminare a quello in cui è stata proposta domanda di risoluzione, seppur in via subordinata.