Nel caso in cui il defunto muoia senza lasciare testamento, o nel caso in cui il testamento sia invalido, la legge attribuisce l’eredità ad alcune categorie di persone dette successibili, essenzialmente legate al defunto da rapporti familiari: coniuge/persona unita civilmente, figli, genitori, fratelli, altri parenti, per ultimo lo Stato.
L’ammontare della quota di eredità dei figli dipende dalla presenza di altri successibili.
Come detto, se un defunto non lascia alcun testamento, o il testamento è invalido, la successione si dice “successione legittima” perché è la legge stessa a stabilire chi sono le persone a cui viene attribuita l’eredità.
Queste persone sono dette “successibili”: sono il coniuge/persona unita civilmente, i discendenti (ossia i figli), gli ascendenti (ossia i genitori), i collaterali (ossia fratelli e sorelle), gli altri parenti del defunto e infine lo Stato (art. 565 cod. civ.).
Dopo il coniuge/persona unita civilmente, del defunto, la prima categoria presa in considerazione dalla legge è quella dei discendenti, ossia dei figli (ed eventualmente dei nipoti che succedono per rappresentazione).
Come si calcola la quota a favore dei figli
Nella successione legittima, la quota a favore del figlio del defunto dipende dal numero di altri figli e dalla presenza o meno del coniuge/persona unita civilmente.
- Se non c’è il coniuge/persona unita civilmente e c’è un solo figlio, al figlio spetta l’intera eredità.
- Se non c’è il coniuge/persona unita civilmente e ci sono più figli, l’intera eredità deve essere ripartita in parti uguali fra i figli.
- Se il defunto lascia un coniuge/persona unita civilmente e un solo figlio, al coniuge spetta 1/2 dell’eredità: l’altro 1/2 spetta al figlio.
- Se il defunto lascia due o più figli, al coniuge spetta 1/3 dell’eredità: i restanti 2/3 vengono divisi equamente tra i figli.
Eliminazione della distinzione fra figli legittimi, naturali, legittimati e adottati
Fino a poco tempo fa, le norme del codice civile che disciplinavano la successione dei figli del defunto specificavano la distinzione fra “figli legittimi”, ossia nati in costanza di matrimonio, e “figli naturali”, ossia nati fuori dal matrimonio.
In materia di filiazione, il Legislatore ha tuttavia progressivamente abolito ogni distinzione fra figli nati in costanza di matrimonio e non.
Inizialmente, a seguito dell’emanazione della Legge 10 dicembre 2012 n. 219, il Legislatore ha introdotto il principio della piena uguaglianza fra figli legittimi e figli naturali: ai figli legittimi erano già equiparati (ai sensi dell’art. 567 cod. civ.) i figli adottati e i figli legittimati, ossia nati fuori dal matrimonio da due persone unitesi poi in matrimonio.
La Legge 219/2012 aveva quindi abrogato lo strumento della legittimazione dei figli naturali.
Successivamente, a seguito dell’entrata in vigore del D.lgs. 154/2013 in materia di filiazione, sono state apportate numerose modifiche al codice civile ed è venuto definitivamente meno ogni genere di distinzione tra figlio legittimo, legittimato o naturale, per cui ora la legge parla semplicemente di “figlio” tout court.