Costituire un’impresa significa adottare una forma imprenditoriale. E’ possibile scegliere, se costituire una ditta individuale o una società. Ecco sulla base di quale valutazioni conviene optare per l’una o l’altra forma.
Il principio della ditta individuale. Se si opta per tale scelta, ci sarà la confusione tra persona fisica e società, tra i beni personali e i beni sociali, poiché la società non ha una personalità propria. La persona fisica e la società sono la medesima cosa. In generale, la ditta individuale è preferita nel contesto di piccole strutture, per facilitare l’avvio di un’attività o anche per testare la portata del progetto imprenditoriale.
Il principio della società. La società avrà una propria personalità: avrà un proprio patrimonio, distinto da quello dei soci, e genererà i propri risultati che potranno poi essere apprezzati dai soci. La scelta di una società è essenziale se il progetto è quello di creare un raggruppamento di diverse persone; la stessa cosa dicasi se si ha necessità di ricorrere all’aiuto di capitale esterno.
La scelta tra l’una o l’altra delle possibili strutture dovrà essere analizzata, in particolare per quanto riguarda la responsabilità finanziaria, il trattamento fiscale dei risultati dell’azienda e il reddito che si può ricavare.
GESTIONE DEL RISCHIO E RESPONSABILITÀ FINANZIARIA
Nel caso di una ditta individuale, a causa della confusione dei beni, non è richiesto alcun contributo personale (qui non c’è capitale sociale).
Se si sceglie di costituire una società, questa avrà un capitale sociale che consiste in contributi (in denaro o in natura) in cambio dei quali si riceveranno delle azioni. L’importo minimo del capitale sociale è fissato per legge: per una SARL o SAS è determinato liberamente; per una SA deve essere di almeno 37.000 euro.
In una ditta individuale, come detto, non c’è separazione tra beni personali e beni aziendali, per cui in caso di difficoltà finanziarie non c’è protezione per i beni privati: i creditori potranno attingere ai beni personali per soddisfarsi dei debiti dell’azienda.
Da un lato chi costituisce una ditta individuale può proteggere i suoi beni immobiliari che non usa per scopi professionali redigendo, davanti ad un notaio, una dichiarazione di insequestrabilità, il cui effetto è quello di impedire qualsiasi pignoramento dei beni in essa menzionati.
D’altra parte può optare per la ditta individuale a responsabilità limitata, che permette di separare il patrimonio professionale da quello personale, senza creare una persona giuridica: l’imprenditore individuale decide di assegnare beni del suo patrimonio alla sua attività professionale, pur mantenendo la proprietà di questi beni, in modo da creare un patrimonio professionale indipendente dal suo patrimonio privato, quest’ultimo essendo poi protetto dai creditori professionali.
Infine, costituire una ditta individuale può essere anche un’occasione per fare il punto sul regime patrimoniale dei coniugi: alcuni regimi favoriscono la protezione dei beni privati (in particolare i regimi separatisti – regime di separazione dei beni, regime di partecipazione agli acquisti per esempio – che proteggono i beni appartenenti al coniuge). Inoltre, i creditori di un imprenditore individuale non possono pignorare la sua residenza principale per ottenere il rimborso dei propri debiti commerciali. Questo è esente da sequestro e non è necessaria alcuna azione.
In una società. Secondo la formula stabilita, la responsabilità è “limitata all’importo dei conferimenti“, per cui in caso di inadempienza, il socio può essere citato in giudizio per il pagamento solo fino al limite di quanto ha contribuito alla società. Ma non è sempre così: infatti, questa responsabilità limitata all’importo dei contributi si applica solo alle cosiddette società di capitali: SARL e EURL, SA, SAS. In altre aziende (SNC, società civili, ecc.) la responsabilità è illimitata;
TASSAZIONE DEI PROFITTI OPERATIVI
In una ditta individuale. Il calcolo del profitto imponibile si realizza a livello della società e la sua tassazione si realizza a livello della categoria corrispondente alla attività svolta: profitti industriali e commerciali, profitti non commerciali, etc; tale profitto si aggiunge al reddito diversamente prodotto (reddito da proprietà, reddito da beni mobili, ecc.) e, insieme, sono soggetti all’imposta sul reddito. Se l’attività genera un deficit, questo verrà dedotto dal reddito complessivo.
In una società. Qui si deve fare una distinzione a seconda che la società sia soggetta all’imposta sul reddito (IR) o all’imposta sulle società (IS):
Se la società è soggetta all’imposta sul reddito, troverà applicazione il medesimo meccanismo che si applica alla ditta individuale: la quota- parte dei profitti (determinata in base alla percentuale di partecipazione nella società) viene tassata come reddito proprio; se l’attività genera un deficit, questo verrà dedotto dal reddito complessivo.
Se la società è soggetta all’imposta sulle società, determina, calcola e paga la propria imposta, all’aliquota standard del 26,5% o del 33,33% (a seconda delle dimensioni della società e del livello dei profitti), o all’aliquota ridotta del 10% applicata condizionatamente fino a 38.120 euro di profitti (il profitto della società, una volta pagata l’imposta, viene lasciato nelle riserve della società o distribuito sotto forma di dividendi); se genera un deficit, questo rimane di proprietà della società, che può compensarlo con profitti futuri.
SISTEMA PREVIDENZIALE e TASSAZIONE DEI DIVIDENDI
In una ditta individuale; la persona fisica è coperta dal sistema per lavoratori non salariati (TNS) ed è affiliata al sistema di sicurezza sociale per lavoratori indipendenti (ex RSI).
In una società; si rientra nel regime TNS se la persona fisica è il manager di una EURL o il manager di maggioranza di una SARL, mentre si rientra nel regime dei lavoratori dipendenti se è il manager di una SA o SAS o il manager di minoranza di una SARL. La remunerazione ricevuta è soggetta all’imposta sul reddito secondo le regole applicabili a stipendi e salari (con applicazione, in particolare, della deduzione forfettaria del 10% per le spese professionali, a meno che non si scelga di dedurre le spese effettive). Ci sono alcune particolarità da sottolineare:
fino al 1 gennaio 2018, i dividendi che si ricevevano da una società soggetta all’imposta sulle società erano soggetti anche all’imposta sul reddito, dopo l’applicazione di una franchigia del 40%, e ai contributi previdenziali al tasso complessivo del 17,2%;
dal 1° gennaio 2018, i dividendi che si ricevono da una società soggetta all’imposta sulle società sono normalmente soggetti all’imposta sul reddito secondo il prelievo forfettario unico (o “flat tax”) all’aliquota complessiva del 30%: tuttavia, si può optare per una tassazione secondo la scala progressiva dell’imposta sul reddito, permettendo così di mantenere il beneficio della detrazione del 40%.
Faccio notare come i dividendi ricevuti da un lavoratore autonomo che lavora in una società soggetta all’imposta sulle società (ad esempio un amministratore di maggioranza di una società a responsabilità limitata) e gli interessi sui conti correnti sono soggetti ai contributi previdenziali per la parte che supera il 10% del capitale sociale, i premi azionari e le somme versate sui conti correnti (devono essere presi in considerazione anche i dividendi ricevuti dal coniuge o partner dell’unione civile e dai figli minori che detengono azioni).