Il Tribunale di Milano, con la sentenza del 18 maggio 2021, n. 4355 si è pronunciato in tema di ritardo nel pagamento del canone durante il periodo di pandemia con riferimento alle attività commerciali.
La sentenza nello specifico, si pronuncia su una controversia, attinente al ritardato pagamento da parte della conduttrice a favore della parte locatrice del canone di locazione relativo al II trimestre 2020 (aprile-giugno 2020) maturato in relazione al contratto di locazione ad uso commerciale stipulato ad oggetto un immobile ubicato in Milano nel quale viene svolta l’attività di bar e somministrazione di cibi e bevande.
Il 4 agosto 2020 il locatore notificava alla conduttrice atto di intimazione di sfratto per morosità allegando l’intervenuta risoluzione del contratto ex art. 1456 c.c. in combinato disposto con l’art. 5 del contratto già a far data dal 25 maggio 2020 in relazione al tardivo pagamento del II trimestre 2020 (saldato solamente in data 3 giugno 2020) o, comunque, in relazione al mancato pagamento del III trimestre 2020.
Il Tribunale, che si pronuncia in merito, asserisce che occorre muovere ogni valutazione dei fatti, e cioè che la risoluzione di diritto del contratto conseguente all’applicazione di una clausola risolutiva espressa postula non soltanto la sussistenza, ma anche l’imputabilità dell’inadempimento, quindi, difettando il requisito della colpevolezza dell’inadempimento, la risoluzione non si verifica né, di conseguenza, può in alcun modo essere legittimamente pronunciata.
Pertanto, ai fini della risoluzione del contratto per inadempimento, in presenza di clausola risolutiva espressa, pur se la colpa del contraente inadempiente si presume, ai sensi dell’art. 1218 c.c., il giudice non è tenuto solo a constatare che l’evento previsto dalla detta clausola si sia verificato, ma deve verificare, con riferimento al principio della buona fede, il comportamento posto in essere dall’obbligato, potendo la risoluzione essere dichiarata solo ove sussista (almeno) la colpa di quest’ultimo.
Ne consegue come, nella fattispecie, nonostante il canone di locazione relativo al II trimestre 2020 sia stato pagato con un ritardo di due mesi rispetto alla data di scadenza prevista nel contratto, la conduttrice ha, tuttavia, dato dimostrazione che il ritardo nell’adempimento non possa dirsi riconducibile ad una propria condotta colposa.

In aggiunta, il riconoscimento del diritto del conduttore ad una riduzione del canone, proporzionata alla sopravvenuta diminuzione del godimento, costituisce specifica applicazione di un principio generale che presiede la disciplina delle locazioni, quello “della sinallagmaticità fra godimento e corrispettivo”, per cui ove quel godimento non è attuabile secondo le previsioni contrattuali il conduttore è abilitato a pretendere una riduzione del relativo corrispettivo e financo legittimato alla risoluzione del rapporto, quando quella diminuzione è tale da comportare il venir meno dello stesso interesse del conduttore alla persistenza della locazione” (Cass. n. 3590/1992). Nel caso in esame è indubbio che, per effetto delle disposizioni emergenziali, la prestazione del locatore di assicurare il godimento dell’immobile per la destinazione contrattuale non è stata adempiuta nella sua interezza, essendo stato precluso, per una parte del periodo in questione (1 aprile -17 maggio 2020), lo svolgimento dell’attività professionale per il quale esso era stato locato e quindi l’uso pattuito. Parimenti indubbio è che ciò non è imputabile al locatore.
Bisogna ricordare come disciplina generale in tema di parziale inadempimento nei contratti a prestazioni corrispettive consente la riduzione del prezzo solo ove l’impossibilità parziale sia definitiva. Ne deriverebbe che tale norma non sia applicabile analogicamente all’inadempimento durante il periodo di lock-down da Covid, in quanto, questo si presenta di durata “limitata” e non definitiva.
E’ opportuno, però, considerare altresì come il Decreto Rilancio (art. 216, comma 3, L. n. 77/2020), disponga che la sospensione delle attività sportive dà diritto al conduttore di impianti sportivi ad una riduzione del canone locatizio che, salva la prova di un diverso ammontare a cura della parte interessata, si presume pari al cinquanta per cento del canone contrattualmente stabilito.
Una interpretazione costituzionalmente orientata della predetta disposizione ne consente l’applicazione analogica ai rapporti di locazione aventi ad oggetto immobili destinati allo svolgimento della generalità delle attività commerciali, industriali e professionali sospese a causa della pandemia, apparendo essa altrimenti irragionevole sotto il profilo della disparità di trattamento di situazioni uguali o analoghe.
Pertanto, per concludere, sarà consigliabile per le parti di un contratto di locazione di immobile destinato ad attività commerciale, in caso di ritardo o pagamento parziale del canone, valutare e contemperare in concreto i propri interessi, al fine di addivenire, in caso di controversia, ad una soluzione bonaria che soddisfi entrambi gli interessi in gioco.