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1. BREVE PANORAMICA SUL CONTRATTO DI CONCESSIONE DI VENDITA O “DISTRIBUZIONE”

Accordi di distribuzione

Per vendere, le imprese ricorrono generalmente a degli intermediari, noti in pratica come “distributori“, che partecipano alla distribuzione dei loro prodotti e servizi sotto diverse condizioni giuridiche, indicate con i seguenti nomi: distributori autorizzati, viaggiatori-rappresentanti-agenti (VRP), gestori di filiali, agenti commerciali, commissionari, concessionari o franchisee.

I produttori di alimenti possono vendere i loro prodotti direttamente in punti di vendita collettivi, le cui condizioni di funzionamento sono specificate in una nota di servizio della Direzione Generale dell’Alimentazione (DGAL/SDSSA/N2010-8103 del 7-4-2010).

Poiché tutti gli intermediari svolgono la stessa funzione economica, gli accordi che riguardano atti di distribuzione sono destinati a contenere un buon numero di clausole identiche. Questo è particolarmente vero per quelli che stabiliscono le condizioni di fornitura di prodotti o servizi da parte del produttore al distributore e le condizioni di commercializzazione di questi prodotti o servizi da parte del distributore ai clienti ricercati, e che riguardano:

  • la definizione dei prodotti o servizi da distribuire;
  • le condizioni d’uso del marchio che li protegge, se applicabile;
  • la determinazione del settore da esplorare;
  • l’attribuzione o meno di un’esclusiva al distributore;
  • le prescrizioni relative all’azione di vendita: pubblicità, promozione delle vendite, quote di vendita da rispettare, livello di scorte da costituire e mantenere, ecc;
  • le condizioni di consegna dal produttore al distributore.

Tuttavia, ogni distributore può assumere il proprio compito con diritti e obblighi particolari nei confronti del produttore che ricorre ai suoi servizi. Non esiste, dunque, una definizione autonoma di “contratto di distribuzione” o concessione di vendita ((CA Reims 4-10-2010 : JCP G 2010 n° 13-343 p. 638 obs. J.-M. Despaquis).

Questa espressione è solo un termine generico che può coprire un regime di distribuzione specifico o un altro a seconda della natura dei diritti e degli obblighi concordati tra le parti; a seconda del loro contenuto, il “contratto di distribuzione” può essere soggetto al regime di :

  •  viaggiatore-rappresentante-agente (VRP) il cui status è presentato nel Mémento social;
  • distributore autorizzato di una rete di distribuzione selettiva;
  • direttore di filiale stipendiato (o gratuito);
  • agente commerciale ai sensi degli articoli L 134-1 e seguenti del Codice del Commercio, che può essere più convenientemente chiamato “agente commerciale statutario”;
  • agente commerciale o rappresentante commerciale soggetto al contratto di agenzia di diritto comune, che può essere meglio distinto dal precedente chiamandolo “agente commerciale di diritto comune”;
  • agente di commissione;
  • rivenditore;
  • franchisee.

Nella scelta tra questi diversi regimi, le parti godono di una grande libertà; sono limitate solo dalle seguenti regole di ordine pubblico:

  • lo status di dipendente deve essere applicato non appena il distributore corrisponde alla definizione legale di un rappresentante di vendita o del direttore salariato di una filiale;
  • lo statuto di agente commerciale “statutario” deve essere applicato non appena l’agente soddisfa le condizioni richieste dagli articoli L 134-1 e seguenti del Codice del Commercio.

Gli altri regimi (agente commerciale di diritto comune, commissionario, concessionario e franchisee) non sono imposti da alcuna disposizione, essendo la libertà delle parti limitata solo dall’ordine pubblico del diritto comune, in particolare quello relativo al libero gioco della concorrenza nelle azioni di distribuzione e ai diritti di acquisto esclusivo.

In effetti, bisogna fare attenzione a non conferire sistematicamente un valore giuridico vincolante a qualsiasi formula di distribuzione, diversa da quelle del rappresentante e dell’agente commerciale “legale”, per il solo fatto che il metodo in questione è generalmente utilizzato nella pratica con tali o tali caratteristiche. Alcune modalità sono, infatti, indipendenti dalla qualificazione giuridica che deriva dai diritti e dagli obblighi generati dall’accordo tra le parti.

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2. LA DISTRIBUZIONE SELETTIVA

Il contratto di distributore autorizzato o di distribuzione selettiva è un accordo con il quale un fornitore, volendo preservare la notorietà dei propri prodotti, si impegna a vendere i beni o servizi contrattuali, direttamente o indirettamente, solo a distributori selezionati in base a criteri definiti, e con il quale tali distributori si impegnano a non vendere tali beni o servizi a distributori non autorizzati nel territorio riservato dal fornitore al funzionamento di tale sistema (Esenzione Reg. 330/2010 CE del 20-4-2010 art. 1, 1-e).

In assenza di tale accordo, un distributore può vendere beni con un marchio di lusso, marchio di per sé non idoneo a conferire loro la qualifica di prodotto di lusso ammissibile ad un sistema di distribuzione selettiva (CA Parigi 28-4-2000: RJDA 12/00 n° 1186 e, in appello, Cass. com. 8-7-2003 n° 00-16.726: Contrats conc. consom. 2003 comm. n° 155 nota L. Leveneur).

Per il fornitore, l’approvazione dei distributori garantisce che la distribuzione dei suoi prodotti sarà effettuata in condizioni che rispettano la loro qualità, tecnicità o reputazione. Inoltre, poiché il fornitore rifornisce solo i distributori che beneficiano della sua approvazione, potrà rifiutarsi di contrattare con quei rivenditori che non soddisfano questi criteri e limitare il numero totale di distributori, a meno che questa restrizione non sia contraria alle norme antitrust (n° 21512 f.).

Per il rivenditore, questo metodo di distribuzione permette di utilizzare l’approvazione del fornitore per attirare i clienti, senza che gli sia vietato di vendere prodotti in concorrenza con quelli coperti dal contratto. Il distributore autorizzato acquista e rivende i prodotti della rete, e agisce in questo senso come il concessionario; pertanto, le norme relative al contratto di concessione (n° 21900 e seguenti) sono recepibili, in particolare quelle relative alla risoluzione del contratto, fatte salve le seguenti precisazioni.

La gestione di una rete di distribuzione selettiva deve rispettare le norme francesi e comunitarie sulla libera concorrenza, che sono, per la maggior parte, identiche (su queste norme, MCC n. 20510 e seguenti).

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3. QUALI SONO I CRITERI DELLA DISTRIBUZIONE SELETTIVA?

 

1. Criteri per l’approvazione.
I criteri di scelta dei distributori autorizzati sono legittimi a condizione che siano di natura oggettiva e abbiano una connotazione qualitativa, che siano fissati in modo uniforme nei confronti di tutti i potenziali rivenditori e applicati in modo non discriminatorio, che le proprietà del prodotto in questione richiedano, per preservarne la qualità e garantirne un uso corretto, una tale rete di distribuzione e che i criteri definiti non vadano oltre il necessario (Cass. com. 18-12-2012 n° 11-27.342: RJDA 3/13 n° 219).. Si può dedurre dal principio della fissazione uniforme dei criteri di selezione nei confronti di ogni potenziale rivenditore che un produttore non può rifiutare a priori l’ammissione di una forma di distribuzione.

È lecito:

  • per quanto riguarda l’approvazione dei membri di una rete di distribuzione selettiva di prodotti di lusso, un criterio relativo all’ubicazione e all’ambiente di un punto vendita, al fine di evitare la vendita di tali prodotti in luoghi totalmente inadatti alla loro natura e qualità, purché l’applicazione concreta di tale criterio non sia discriminatoria o non comporti requisiti sproporzionati (Cass. com. 16-5-2000 : RJDA 9-10/00 n° 856);
  • per quanto riguarda la distribuzione di automobili, nessuna disposizione legislativa o regolamentare di diritto nazionale o comunitario impone al produttore per beneficiare dell’esenzione prevista dal regolamento 1400/2002 del 31 luglio 2002, di giustificare le ragioni che lo hanno portato a decidere sul numerus clausus dei distributori (Cass. com. 15-1-2013 n° 10-12. 734: RJDA 4/13 n° 364); ma questa libertà non esime il produttore che approva un nuovo distributore nel proprio settore, dall’obbligo di diritto comune di eseguire in buona fede il contratto concluso con un distributore già individuato e di non far venir meno l’equilibrio contrattuale del contatto già sottoscritto imponendo al vecchio distributore nuove condizioni di concorrenza sfavorevoli (Cass. com. 7-6-2016 n° 14-22.093 F-D: RJDA 2/17 n° 75, che respinge il peggioramento delle condizioni di concorrenza).

L’uso di distributori autorizzati deve anche essere giustificato dalla “necessità di un’adeguata distribuzione dei prodotti”. Un’azienda può quindi validamente scegliere questo metodo di distribuzione se sembra essere il più favorevole per sviluppare le sue vendite.

È così che la distribuzione selettiva di prodotti cosmetici o per la cura della pelle (Cass. com. 21-10-1997, 2° caso: RJDA 12/97 n° 1480) e quella dei jeans Levi Strauss (Cass. com. 11-1-2005 n° 02-10.566: RDC 2005.768 nota Behar-Touchais) sono state accettate.

 

2. Relazioni tra fornitore e distributori.
Le seguenti clausole sono state considerate legittime in quanto tendono a favorire la distribuzione dei prodotti:

  • la clausola che limita alla zona d’influenza del distributore gli sforzi pubblicitari e di propaganda da lui compiuti in un determinato settore, essendo tale clausola giustificata dalla migliore qualità del servizio reso al consumatore (CA Paris 12-12-1990: D. 1991.IR.42);
  • la clausola che si limita ad esigere, al fine di mantenere una certa immagine di qualità, in particolare attraverso un servizio post-vendita efficiente, che le vendite su Internet abbiano luogo solo come complemento di un punto vendita fisico (CA Paris 16-10-2007 n° 06/17900: RJDA 12/07 n° 1282).

Ma è stata ritenuta illegittima la clausola che impone che la vendita di prodotti cosmetici e per l’igiene personale avvenga in uno spazio fisico alla presenza obbligatoria di un farmacista abilitato, in quanto ha l’effetto di vietare tali vendite via internet quando non è stato accertato che tali prodotti, che non rientrano nel monopolio del farmacista, richiedono, dal punto di vista della salute dell’utente, una consulenza specifica, che può essere data, eventualmente, da una persona con adeguata formazione in dermatologia o cosmetologia (Cass. com. 24-9-2013 n° 12-14.344 : RJDA 1/14 n° 61 ; cfr. CJUE 13-10-2011 aff. 439/09 : RJDA 2/12 n° 208). Sul rifiuto di concedere una deroga individuale al divieto di vendita online, CA Paris 13-3-2014 n° 2013/00714 : RJDA 8-9/14 n° 691 ; CA Paris 2-2-2016 n° 15/01542 : RJDA 7/16 n° 524.

Tuttavia, a prescindere da ogni condizione, da allora è stato categoricamente giudicato legittimo il divieto totale di vendita su Internet (CA Paris 28-2-2018 n° 16/02263: D. IP / IT 2018.377 obs. C. Maréchal; CA Paris 13-7-2018 n° 17/20787: D. 2018.2278 oss. Larrieu).

  • la clausola che vieta la vendita per corrispondenza di prodotti cosmetici di lusso perché, da un lato, la vendita di tali prodotti richiede il contatto diretto tra il cliente e un personale di vendita atto a consigliarlo nella scelta del prodotto più appropriato alle sue esigenze e, invece, il fabbricante deve conservare la possibilità di verificare la qualità della propria rete di distribuzione (CA Versailles 23-2-1995: RJDA 6/95 n° 706 som.);
  • la clausola relativa ad una rete di distribuzione di orologi che riserva ai distributori autorizzati il ​​diritto di rilasciare certificati di garanzia internazionale relativi agli orologi venduti e di escludere da tale diritto i distributori non autorizzati, in quanto un produttore può validamente far coesistere più categorie di distributori a seconda della tipologia dei rapporti commerciali che intrattiene con essi, poiché non sussiste da parte sua alcuna discriminazione di natura anticoncorrenziale all’interno di ciascuna di tali categorie e che queste consentono al consumatore di beneficiare di offerte diversificate, come avviene quando i distributori autorizzati sono vincolati da obblighi che sfuggono ai distributori non autorizzati (CA Paris 26-6-2001 n° 01-3254: RJDA 4/02 n° 373);
  • la clausola relativa alla distribuzione selettiva di prodotti cosmetici di lusso che vieta la pubblicità a favore di vendite a prezzi scontati perché lo scopo di questa clausola è di impedire la pratica sistematica della pubblicità a sconto che lede l’immagine dei prodotti e sconvolge gli sforzi pubblicitari compiuti dai loro produttore per rafforzare la propria reputazione (CA Paris 30-3-1992: RJDA 6/92 n° 574 som.).

Ma non è colpa del distributore che ha impegnato sui prodotti del produttore in vendite promozionali con sconti, poiché queste non erano di natura sistematica o ricorrente e rumorosa (Cass. Com. 14-1 -2003: PA 2004 n° 119 p. 16 § VII obs. Baccichetti e Dom).

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