LOCAZIONI COMMERCIALI E COVID-19, IL QUADRO ATTUALE
A seguito della recente diffusione del Coronavirus sul territorio nazionale lo Stato italiano, a partire dalla fine di febbraio ha emanato una serie di misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, che hanno progressivamente e severamente limitato gli spostamenti e le interazioni sociali, sino ad arrivare al DPCM “Io sto a casa” del 09.03.2020, che ha esteso le citate limitazioni a tutto il territorio nazionale ed ha ivi imposto la chiusura totale di tutte le attività, ad eccezione di quelle che garantiscono i servizi essenziali.
Tale situazione emergenziale sta generando una grave crisi sia a livello sociale che economico. Gli esercenti, si ritrovano nell’impossibilità di svolgere la propria attività di impresa e, con essa, di trarre i proventi con cui pagare i propri debiti, tra i quali quelli relativi ai contratti di locazione dei locali ove svolgono la propria attività.
LOCAZIONI COMMERCIALI E PAGAMENTO DEL CANONE – IL LOCATORE PUO’ SOSPENDERE IL PAGAMENTO SENZA INCORRERE IN RESPONSABILITA’?
Focalizziamo la nostra attenzione proprio sull’adempimento dell’obbligazione di pagamento del canone di locazione per gli immobili ad uso commerciale – cioè sui quali insiste un’azienda aperta al pubblico – con specifico riguardo all’ipotesi in cui il Conduttore intenda mantenere in vita il contratto.
In situazioni “normali”, il conduttore è tenuto a corrispondere il canone di locazione, indipendentemente dall’andamento degli affari ed indipendentemente dal fatto che faccia uso o meno dell’Immobile; qualora il conduttore venga meno a tale obbligo, lo stesso è esposto alla procedura di sfratto nonché all’emissione, su richiesta del locatore, di un decreto ingiuntivo, immediatamente esecutivo, che condanna il conduttore al pagamento dell’importo dei canoni non versati.
In situazioni “straordinarie” come quella che stiamo vivendo, invece, ci si chiede se il conduttore possa legittimamente sospendere, anche unilateralmente, il pagamento del canone di locazione-ci riferiamo alle locazioni commerciali – ovvero di ridurne l’importo, fino a che dureranno gli effetti dell’epidemia Covid-19.
Infatti, al momento, è palese come il conduttore non possa oggettivamente godere delle utilità derivanti dalla locazione, prescindendo totalmente dal fatto e dalla responsabilità dell’una o dell’altra parte del contratto.
NOVITA’ DEL DECRETO CURA ITALIA
Il “Decreto Cura Italia” (D.L. 17 marzo 2020 n. 18) all’art. 65 introduce una particolare agevolazione rivolta ai soggetti che esercitano attività d’impresa nell’ambito della quale conducono in locazione un’immobile della categoria catastale C/1 (negozi e botteghe).
Sostanzialmente, al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19, ai soggetti esercenti attività d’impresa è riconosciuto, per l’anno 2020, un credito d’imposta nella misura del 60% dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020.
L’agevolazione di cui sopra, a ben ragionare, non risolve il problema prospettato, ossia la possibilità che il conduttore sospenda il pagamento del canone unilateralmente seppure fornisca delle norme passibili di interpretazione.
C’è da dire che le soluzioni e le teorie prospettate dalla dottrina sono diverse, ma in assenza totale di casistica giurisprudenziale, al momento appaiono solamente “ipotesi” non supportate da alcuna certezza.
Ci pare, pertanto, opportuno, analizzare le novità relative alla normativa emergenziale introdotte dal governo, insieme ai principi generali di diritto, per fare chiarezza in merito.
ART. 91 DEL DECRETO CURA ITALIA
Il Decreto “Cura Italia” inserisce una disposizione, all’art 91 con la quale si previsto che “… il rispetto delle misure di contenimento [dell’epidemia] è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.
Per comprendere la portata e gli effetti della norma, è necessario, preliminarmente, ricordare che l’articolo 1218 del codice civile disciplina la responsabilità contrattuale del debitore, stabilendo che, ove quest’ultimo non esegua esattamente la prestazione dovuta, è tenuto al risarcimento del danno, a meno che non provi che l’inadempimento o il ritardo siano dipesi da un’impossibilità sopravvenuta della prestazione, derivante da causa a lui non imputabile.
L’articolo 1223 c.c., invece, prevede che il risarcimento del danno dovuto in caso di inadempimento o ritardo nell’adempimento deve comprendere sia la perdita subita dal creditore (cd. “danno emergente”) che il mancato guadagno (cd. “lucro cessante”). Tra le cause esimenti della responsabilità rilevano, secondo l’interpretazione consolidata, gli eventi di forza maggiore, o anche le ipotesi riconducibili al c.d. “factum principis”, ossia un atto delle pubbliche autorità che renda oggettivamente impossibile proseguire, anche temporaneamente, la prestazione.
Vediamo nel dettaglio che cosa in pratica voglia significare l’art 91. Quest’ultimo parla di “valutazione” dell’esclusione della responsabilità; ciò sembra significare che l’effetto liberatorio, totale o parziale, (da responsabilità) a favore del debitore/conduttore non sia automatico, ma dovrà essere verificato caso per caso, a seguito di una comparazione degli interessi contrapposti.
Sul presupposto che una esenzione da responsabilità possa esserci, spingendoci oltre, si potrebbe arrivare ad ipotizzare che il conduttore possa addirittura essere esonerato dall’obbligo di risarcire il danno (cioè, dal corrispondere l’importo dei canoni non versati durante l’epidemia) qualora condizioni particolari relative alla svolgimento della sua attività in “quei locali” possano indurre il giudice a ritenere che l’inadempimento sia stato conseguenza diretta del rispetto delle prescrizioni legali emanate nel particolare momento. Sottolineo come il testo dell’art 91 parli di “omessi adempimenti” e ciò potrebbe far deporre in favore di questa tesi).
Inoltre, sempre dal testo della norma si può dubitare sulla legittima emissione di provvedimenti di convalida di sfratto o ordinanze non impugnabili di rilascio, che presumibilmente saranno inibiti.
QUINDI, E PER CONCLUDERE, QUANDO IL CONDUTTORE CHE NON CORRISPONDE IL CANONE O LO RIDUCE RISPETTO ALLA SUA MISURA CONTRATTUALE PUÒ CONSIDERARSI GIUSTIFICATO?
Sicuramente, non esiste una risposta certa, stante anche la mancanza di giurisprudenza sul tema cui si accennava.
Bisogna però riflettere sulle seguenti circostanze
L’art. 2 della Costituzione, pone a carico dei consociati un generale obbligo di solidarietà, anche “economica”.Le norme del codice civile obbligano le parti a comportarsi con correttezza (art. 1175) e buona fede, anche nella fase esecutiva del contratto. Ciò vuol dire che bisogna contemperare gli interessi e contestualizzare le aspettative per venire incontro alla crisi che si sta vivendo.
Il conduttore, al momento ha la disponibilità di un bene che bene durante il periodo di chiusura, non produce alcuna utilità, poiché, in considerazione dell’attuale stato di emergenza è nell’ impossibilità materiale di esercitarvi l’attività di impresa.
Dall’altro lato, se il contratto venisse meno, il locatore si ritroverebbe nella sua disponibilità un bene che al momento è comunque non idoneo a produrre alcune utilità, perché non esiste alcun mercato di beni che sono ex lege inutilizzabili.
SOLUZIONI PROSPETTABILI
Pertanto, la soluzione che appare più ragionevole, è quella di considerare che il contratto, fintando che permarrà l’impossibilità attuale, resti quiescente, per riprendere a “funzionare” regolarmente non appena si saranno ristabilite le condizioni che potremmo definire di “normalità”.
Si potrebbe ritenere una divisione tra le parti del costo della locazione (o forse, si potrebbe parlare di danno), dove il conduttore non corrisponda il canone, ma si faccia carico delle spese incombenti sullo stesso (utenze, manutenzione, retribuzione-previdenza dei propri dipendenti). In tale modo, le parti si sobbarcherebbero in misura equa gli effetti di una situazione non imputabile ad alcuna di esse e sempre in tal modo, ciascuna massimizzerebbe la riduzione del danno piuttosto che vedere risolto il contratto.
Resta il fatto che, qualora la situazione si dovesse perpetrare nel tempo, e lo stato attuale non dovesse mutare, il conduttore potrebbe vedersi costretto ad invocare l’art 1256 cc. che prevede una estinzione dell’obbligazione quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile
Alla luce di quanto sopra, auspichiamo l’intervento del legislatore volto a normare i parametri di riduzione dei canoni di locazione commerciale proprio con riferimento alla situazione che stiamo vivendo, al fine anche di evitare i contenziosi che si ingenereranno nel prossimo futuro.