Inadempimento contrattuale “ai tempi del covid-19”, quale responsabilità per il debitore?
Preliminarmente a qualunque considerazione, giova richiamare la disposizione introdotta dal Decreto Cura Italia (D.L. 17 marzo 2020, n. 18) che, all’art. 91, comma 1, prevede: “il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.
Il legislatore introduce una “particolare causa di forza maggiore”, che non era prevedibile dal debitore e che lo giustifica, astrattamente, dall’inerzia e dal ritardo nell’adempimento, fungendo da evento sospensivo – o, se protratto nel tempo e stabilizzatosi, persino estintivo – delle obbligazioni gravanti sul debitore medesimo.
“Astrattamente” non vuol dire che il debitore sarà “liberato” dalle obbligazioni su di esso gravanti per aver semplicemente invocato l’art 91 del succitato decreto. Infatti, all’ articolo in commento sembrerebbe potersi attribuire una funzione meramente chiarificatrice, nel senso che il debitore che volesse invocarne l’applicazione, qualora sia risultato inadempiente rispetto ai termini e le modalità pattuite in contratto, non potrà richiamare sic et simpliciter il difetto di imputabilità dovuto alla situazione attuale per andare esente da responsabilità, ma dovrà dimostrare di aver fatto tutto quanto in suo possesso, con il grado di diligenza preteso dall’art. 1176 c.c., per evitare gli effetti dannosi che sarebbero potuti derivare al creditore dalla mancata attuazione del contratto.
Giova ricordare come l’ordinamento italiano è basato sia sul rispetto dei principi di correttezza e di buona fede – durante le trattative così come nel momento dell’esecuzione del contratto (art. 1176 cc) – che sull’osservanza dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale (art. 2 della Costituzione). Ed è proprio alla luce di tali principi, oltre che della normativa di nuovo conio, che bisognerà valutare la sussistenza o, comunque, il grado di responsabilità del debitore che risulti inadempiente.
La situazione emergenziale, potrebbe ad esempio, aver provocato un significativo squilibrio sul sinallagma contrattuale, precludendo ad entrambi i contraenti di conseguire dal contratto i vantaggi che ciascuno aveva auspicato all’epoca della sua conclusione, inficiando la causa stessa del contratto, secondo quanto previsto ab origine al momento della sottoscrizione dello stesso. Infatti, così come il debitore si potrà trovare nella impossibilità di far fronte agli impegni contrattualmente assunti, anche il creditore si vedrà impossibilitato a rendere la sua prestazione, poiché seppure questa sia possibile astrattamente, è comunque diventata “impossibile” di fatto, in quanto non è più idonea a soddisfare l’originario interesse del debitore.
Appare opportuno soffermarsi, a tal riguardo, sull’evoluzione del concetto di causa, che, originariamente basata su modelli oggettivi ed astratti, è stata, col passare del tempo via via valorizzata in relazione agli interessi economici individuali che l’operazione negoziale è chiamata in concreto a realizzare. Così anche la Cassazione, che si è pronunciata sull’argomento ha statuito che “la causa in concreto – intesa quale scopo pratico del contratto, in quanto sintesi degli interessi che il singolo negozio è concretamente diretto a realizzare, al di là del modello negoziale utilizzato – conferisce rilevanza ai motivi, sempre che questi abbiano assunto un valore determinante nell’economia del negozio, assurgendo a presupposti causali, e siano comuni alle parti o, se riferibili ad una sola di esse, siano comunque conoscibili dall’altra” (Cass. civ. sez. I, 16 maggio 2017, n. 12069).
Ne consegue che la valutazione in merito alla presenza o meno di una qualche responsabilità in capo al debitore, dovrà tenere in conto anche la causa che le parti avevano inteso perseguire concretamente con quel dato contratto, avendo riguardo ai motivi che le hanno spinte alla conclusione con riferimento al valore – determinante o meno – che questi hanno assunto per ciascuna di esse.
Pertanto, il giudice chiamato a valutare la responsabilità del debitore, sarà tenuto, di volta in volta a stabilire se quest’ultimo sia stato diligente nel salvaguardare “anche” l’interesse del creditore, sotteso al contratto, oltre che il proprio, bilanciando gli interessi in gioco, utilizzando dei criteri di proporzionalità/adeguatezza rispetto i contrapposti interessi e contemperando, in assenza di precedenti giurisprudenziali (almeno allo stato attuale) i principi espressi dalla nuova normativa, le norme codicistiche e le norme costituzionali vigenti.
Ne consegue come il debitore potrà andare esente o vedere, comunque, attenuata la sua responsabilità solo all’esito del contemperamento di tutti i principi e gli interessi in gioco, poiché la situazione di emergenza non gli attribuisce in automatico una sorta di canale preferenziale astrattamente idoneo per liberarsi dagli impegni contrattualmente assunti.